Per analizzare e comprendere al meglio il mistero sul movimento del cavallo
è necessaria una piccola premessa.
Nell'antichità l'Uzbekistan comprendeva la Battriana, la Corasmia e la
Sogdiana e fin dal I sec. d.C. i mercanti sogdiani ebbero un ruolo di primo piano
negli scambi commerciali tra Iran, India e Cina.
Di là passava infatti la via della seta, bene di grande valore e molto
apprezzato da tutti i grandi principi e re della Terra e di monopolio cinese in
quanto a produzione.
Nella seconda metà del VI sec. a.C. la Sogdiana faceva parte dell'impero
turco d'Occidente e la città di Afrasyab raggiunse nella prima metà
del VII sec. d.C. una ragguardevole espansione e ricchezza.
In base ai ritrovamenti archeologici datati dal VI al VII sec. d.C. che il prof.
Yuri Buriakov dell'Accademia delle scienze dell'Uzbekistan ritrovò
nell'estate del 1977 sotto la principale moschea di Afrasyab, costruita nella parte
più antica dell'odierna Samarcanda, risulta che la foggia del pezzo che in
Italia si chiama oggi Cavallo fosse in realtà un guerriero realisticamente
raffigurato in groppa a un cavallo.
Nella sua mano sinistra il guerriero impugnava uno scudo e nella destra una spada,
portava un elmo e a tracolla alla sua destra aveva un turcasso e alla sua sinistra
una guaina della spada.
Da notare che, secondo il dr. C. Bhatha Panoduranga Bhatta, lettore di sanscrito
dell'Università di Pondicherry (India), il termine ashwa quando usato nella
terminologia militare, come ad esempio nel chaturanga (esercito o gioco), significava
guerriero a cavallo, cavaliere.
In effetti il cavallo in sanscrito era chiamato in altri contesti, non militari,
ashwa o turaga e il guerriero a cavallo ashwin.
Possiamo osservare che la documentazione letteraria indiana ci informa che il
cavaliere del Chaturanga aveva annodato al polso un frustino in modo da poter
avere libero l'uso delle mani ed era armato o di arco o di spada o di lancia.
Il che corrisponde alla configurazione del cavaliere (Cavallo) ritrovato a Afrasyab.
A questo riguardo è interessante osservare che l'indiano Vishnugupta
soprannominato Kautilya (in sanscrito "l'ambiguo"), consigliere personale del re
indiano Chanàdraguapta intorno al 313 a.C., scriveva che i cavalli da guerra
in India venivano addestrati in 'varie forme di salto': saltare corne una scimmia,
come una rana, saltare a scatti, alzare una zampa, spiccare il salto come un cuculo,
lanciarsi impetuosamente con il petto che quasi tocca terra, spiccare il salto come
una gru.
Si potrebbe allora rintracciare tra queste forme di salto quella che sarebbe stata
traslata dalla realtà alla scacchiera per il Cavallo degli scacchi ma non mi
sembra che l'origine del movimento sia da ricercarsi in quelle forme d'addestramento
sopra riportate.
Invece, per l'uso tattico dei cavalli in guerra, Kautilya scriveva che consiste
nell'assalto frontale, nell'accerchiamento, nel cavalcare oltre per poi ritornare,
nel disturbare la sosta del nemico, nel raccogliere le truppe, nel costeggiare e
cingere il nemico, nell'inseguire le varie parti che compongono l'esercito del
nemico, nel proteggere l'esercito in ritirata e nel finire un esercito in disfatta
(Libro X, cap. IV, p. 426).
Queste tattiche si riconoscono invece bene nel gioco del Cavallo degli scacchi.
Queste considerazioni farebbero pensare che in effetti il pezzo nacque come cavallo,
ma cavallo non allo stato brado e selvaggio, ma quale cavallo addestrato alla
guerra.
Tuttavia il movimento originario è ancora avvolto nel mistero.